Siamo alla fine degli anni ’90, precisamente nel 1997, e SixDegrees è ormai online, la prima piattaforma social ideata da Andrew Weinreich, fondatore della Macro View Communications. È la scintilla che cambia il mondo di internet e il nostro modo di pensare e rapportarci con gli altri. Un’evoluzione che porta alla nascita del web 2.0, una nuova realtà basata sui rapporti sociali virtuali.
Le radici di tale evoluzione le ritroviamo nella teoria sviluppata nel 1929 dallo psicologo ungherese Frigyes Karinthy, e ripresa nel 1967 da Stanley Milgram, psicologo della Harvard University, il quale approfondì e pubblicò su Psychology Today il fenomeno del “Six degrees of separation”, teoria per la quale tutti gli uomini sulla terra sono connessi tra di loro tramite catene di conoscenze, le cosiddette chain of “friend of a friend”, secondo la quale due sconosciuti possono trovare una connessione attraverso 5 persone di loro conoscenza. Oggi i social sono parte integrante e fanno parte della nostra quotidianità, delle nostre opinioni e delle nostre scelte. Queste righe vogliono sensibilizzare il buon uso di questi potenti mezzi di comunicazione, specialmente per ciò che concerne la chirurgia plastica e la medicina estetica, ambiti dove ormai il “follow” viene scambiato alla stregua di un bigliettino da visita e il numero dei followers è diventato una pericolosa guerra di marketing.
Il social media rende l’utente “confident” nell’ auto-informazione, e lo pone di fronte a migliaia di opzioni e alternative. Una scelta consapevole però non può fermarsi davanti a un album di foto con risultati mirabolanti, o a informazioni estrapolate da didascalie sotto i più disparati post trovati nel web, o ancora a discorsi generalizzati del professionista senza ricordarci dell’unicità di ogni individuo e di ogni corpo; perché si parla proprio di questo, di benessere e salute del nostro corpo; nonostante questa pratica clinica venga spesso confusa al pari di un vezzo estetico narcisistico, ma in cui c’è molto di più, soprattutto dietro quella banale “punturina” o intervento chirurgico.
La scelta del trattamento e del medico necessita di un confronto approfondito e dettagliato, che deve necessariamente culminare con l’incontro e la conoscenza del professionista.
É ottobre 2021 quando la legislazione inglese fa entrare in vigore il “Botulinum Toxin and Cosmetic Fillers Children Act 2021” legge che esprime il divieto di iniezione di botulino o acido ialuronico ai fini di medicina estetica nei minori di 18 anni; e ancora, nel marzo 2023, la legislazione francese annuncia la proposta di legge per la quale gli influencer hanno il divieto di sponsorizzare medicina estetica e chirurgia plastica in partnership commerciali con brand.
Quindi cosa è accaduto, dov’è l’errore?
Appurato che i social media siano ormai un mezzo integrato nella nostra società, il medico ha il compito di adottare una comunicazione che si adatti ad un pubblico social; un bacino di utenza di vario genere, anagraficamente e culturalmente. La comunicazione social in ambito sanitario deve avere lo scopo di informare correttamente e consapevolmente l’utente, accompagnandolo nella propria scelta, evitando approcci a profili social di professionisti chirurghi plastici o medici estetici che si presentano con “cataloghi di risultati” dai quali ordinare un nuovo paio di labbra o seni.
Il meccanismo di mercificazione e commercializzazione della terapia ha spinto la Dott.ssa Phillippa Diedrichs, Psicologa Ricercatrice presso il Centre of Appearance Research della University of West England, a condurre uno studio su un campione di 112 donne, con lo scopo di valutare la percezione del proprio body image dopo aver navigato su un social media; lo studio della dottoressa evidenzia come il continuo confronto a cui siamo sottoposti tramite l’utilizzo dei social esiti in una percezione negativa della propria immagine corporea, con una conseguente riduzione della autostima, spingendo l’individuo a ricercare un equilibrio al di là e al di fuori di sé.
Dunque, dall’invenzione geniale del SixDegrees, tesa a migliorare e ridurre le distanze tra le persone, oggi siamo giunti ad un importante grido di allarme della dott.ssa Diedrichs riguardo alla preoccupante relazione tra social media e declino del benessere individuale e sociale. Siamo così sicuri che queste “vetrine di brillanti risultati chirurgici” aiutino davvero l’utente nelle sue scelte? E, soprattutto, sono tutte veritiere?
L'articolo Attenzione all’uso dei social, anche in chirurgia estetica: un ‘follow’ non è un biglietto da visita proviene da Il Fatto Quotidiano.